lunedì 28 luglio 2014

Tre uomini il cui giudizio mi innervosisce più di quello paterno

Io sono una persona equilibrata, ma ci sono personano che minano le mie sicurezze.
1. il meccanico: ogni volta che porto la macchina a riparare mi viene il panico. Avrò messo l’olio giusto? e il filtro dell’aria, sarà pulito? cosa penserà di me sentendo le valvole sfarfallare? Immagino il mio meccanico con un sorriso cinico, mentre apre il cofano della mia auto, prendere appunti mentali per raccontare nel suo blog di quando gli ho chiesto se non poteva essere colpa dello spinterogeno bagnato. E instagrammare la condizione vergognosa dei miei pneumatici. L'hashtag? #maguardacomevaingiroquesto, naturalmente.
2. il barbiere: OMG, penso appena mi fa accomodare sulla poltrona e brandisce asciugamano e pennello con sguardo bonariamente accusatorio, ho dei peli del naso lunghissimi e ho dimenticato di mettermi la crema al sassofrasso; avrò la pelle tutta disidratata. Ma mi faccio coraggio, sono un uomo e affronto da uomo l’operazione “brufolo sottocutaneo” mal celando imbarazzo al momento della spuntatina dei peli nelle orecchie. Comunque non avrò pietà, se usa ancora la macchinetta per rasarmi i peli sul coppino lo giuro: è l’ultima volta che mi siedo su quella poltrona.
3. l’edicolante: tutte le mattine appena mi vede mi porge il Sole 24 Ore, probabilmente convinto dal mio look trasandato modalità barba-sfatta-on che io sia un giornalista del Fatto Quotidiano o dell’Unità. Non me la sento di deluderlo, così puntualmente lo acquisto, malgrado io l’abbia comprato solo quella domenica che mi serviva l’inserto sulla nuova regolamentazione dei condomini per licenziare l'amministratore. Dissimulo raccontando della mia necessità professionale di una personale rassegna stampa pluralista comprando La Padania, e finalmente posso chiedere anche le bustine Yu-ghi-ho, che è l’unica cosa che dovevo comprare in edicola, per mio figlio. Cosa volete, avevo promesso al piccolo la serie completa per la promozione in terza elementare. D’altronde si sa, i figli so’ piezz’e core.


Ecco, se leggessi un post così, scritto da un uomo, penserei che l'autore del post è un idiota. Mentre di post così, scritti da donne, ne è pieno il web e le bacheche. La parità fra i sessi inizia dove finisce la banalità delle donne.

mercoledì 23 luglio 2014

"Costa Concordia"


- Einzflunk nicht trackt und nektorstud!
Che io non capisca come facciano a capirsi è una riflessione idiota, lo so, eppure mi sembra sempre strano che i bambini riescano a parlare una lingua tanto difficile. Il fatto che la sentano parlare fin dalla nascita non diminuisce il mio stupore.
Comunque questi bambini sono seduti di fronte a me ed esprimono a voce bassa, com’è abitudine dei tedeschi, entusiasmo e curiosità, alzandosi per guardare il mare dal finestrino del treno, nei fotogrammi di paesaggio delle lunghe gallerie liguri.
Fra un trigramma gutturale e un altro percepisco chiaramente alcune parole, pronunciate in italiano, tipo “piazza principale”, “mare”, “Costa Concordia”.
"Costa Concordia" diventa subito l’argomento principale, credo che i due bambini stiano cercando di scorgerne la sagoma in mare. In fondo il padre ha appena detto “Genova”, subito dopo una frase tipo codice fiscale interrogativa, e il figlio ha detto “internet” indicando la tasca del padre, dove, ora mi accorgo, è custodito il telefono.
Ma no, il padre non consulta il telefono per spiegare come è avvenuto l’incidente e come riusciranno a trascinare la nave fino a Genova. Anche quando la madre non è d’accordo sulla dinamica dell’ “inchino”, la discussione rimane così, aperta, senza il conforto del dio Wikipedia.
Per 3 secondi appare il mare, di nuovo, e all’orizzonte una sagoma enorme.
- Einzflunk nicht trackt und nektorstud! “Costa Concordia” uhnzfreistachtmustdrenk!
O una cosa affatto simile.
Il minore è certo che quella sia la nave e saltella di gioia, contagiando il fratello. Solo ora che hanno alzato di zero punto tre decibel il volume, la madre li chiama per nome: Jacob e Patrick.
Jacob e Patrick sono incontenibili ma si contengono e continuano ad ascoltare le spiegazioni del padre, ponendo domande e formulando ipotesi.
La M.me Lapalisse che è in me riflette: fossero stati italiani, il loro nome sarebbe già volato enne volte per lo scompartimento; fossero stati italiani il padre non avrebbe tenuto il telefono in tasca, in una custodia di lana cotta; fossero stati italiani avrebbero avuto un ipad o un ipod in mano. E fossero stati italiani, avrebbero parlato di “Costa Concordia”?

giovedì 10 luglio 2014

Sull'onda del Seveso

Vado a recuperare la macchina in mezzo alla fanga eterogenea del Seveso, per portarla in salvo. Ci vado in sandali, perché sono appena scesa dal treno che dal mare riporta in città.
L'odore della fanga è inequivocabile, quel buon olezzo misto, di natura ignota. O meglio, di quella natura che fa brutto nominare.
Camminando mi rendo conto che avrei fatto meglio a passare da casa e cambiarmi le scarpe, maledizione, le dita dei piedi già sciacquettano nel marron scolorito. Rabbrividisco.
In fondo è andata bene - mi dico arrivando- la piazzetta dove è parcheggiata non mostra gravi danni. Mio cognato l'ha spostata in un luogo sicuro statico: santo subito.
Non voglio entrare in macchina con quei piedi marron, così mi fermo al drago verde dei giardinetti. Mi laverò i piedi, mariamaddelena di me stessa.
Con sforzo inaudito rimango in equilibrio, prima su un piede, poi sull'altro, mentre l'acqua scioglie la fanga che si era già seccata, ahimè. Mi guardo intorno, con pudore. 
Non è che io mi piaccia tanto, in quella posizione ebete, con un sandalo in mano, la borsa in bocca e il piede sotto quelle tre gocce ghiacce.
C'è un tizio con la maglia rossa, appena più in là, seduto sulla panchina.
M'osserva insistente.
Ha in mano qualcosa.
Oh. Se è uno smartphone e mi ritrovo su instagram lo denuncio.
Tizio Rosso non avrai il mio hashtag.
Mi lavo frettolosa, sciacquo il sandalo, evito di spalmarmi d'olio e d'asciugarmi con i capelli. Rimetto il sandalo e m'allontano, tenendo d'occhio il Tizio Rosso e quella sacchetta sospetta che tiene in mano. Monto in macchina, metto in moto. Parte, grazie al cielo.
Un ultimo sguardo al Tizio. Ha aperto la sacchetta sospetta, ha estratto sapone e salvietta, e va lavandosi faccia e ascelle.
Ma porcaccia miseria, avessi avuto uno smartphone. 
L'avrei instagrammato.