Se la vocina suggerisce aprire
tutte le porte, sempre, io lo faccio, ché dietro ogni porta c’è una
sorpresa. Quindi apro il portone in legno che ho davanti ed entro.
Aspetto che gli occhi si abituino alla diversa intensità della luce,
mi porto verso il parapetto che ora finalmente intravedo a lato del foyer e mi
affaccio. Un pavimento in legno nero, una gradinata con i sedili richiusi,
pareti forate come le murature medioevali, nove sedie disposte a emiciclo e
nove musici seduti, sotto il cono di luce degli spot.
Nove musici, niente abito di scena ma leggii, partiture e strumenti.
Ogni musico assomiglia al proprio strumento; il flauto porta le ballerine, è
esile e parla sottovoce; oboe e clarini sono indisciplinati e ridono spesso,
fagotto e controfagotto parlano poco e sempre a proposito. Poi ci sono i corni;
mi domando cosa spinge una persona ad imparare a suonare il corno.
Il primo corno dirige, osserva i compagni, solfeggia sulla partitura indicando
gli accenti, il secondo annuisce e puntualizza. Poi il primo corno dà il via, con
un movimento deciso della testa.
Iniziano a suonare e la sala si accende di una musica limpida, e
quando la musica è limpida si può vedere,
si possono seguire le onde disegnare l’aria, rincorrersi e saltellare fino
a scomparire. Rapita le seguo, le onde, le guardo accarezzare le mura nude,
rimbalzare sulla cupola in mattoni e scorrere lungo l’assito sopra la
gradinata.
L’ultima onda si dissolve, le labbra si staccano dagli strumenti; il
primo corno svuota il suo ottone dalla saliva, corregge gli oboe e sprona il
flauto, il fagotto produce una nota bassa e il clarinetto pulisce l’ancia.
Riprendono; il flauto è timido ma dovrebbe essere sfrontato. Prova e
riprova l’attacco, chiede scusa e prova ancora. Pazienti gli altri aspettano; quando
il flauto dà il via proprio come il primo corno vorrebbe, gli ottoni e i legni
entrano in successione e la musica può danzare.
Finito. Il flauto si alza, inciampa, volano gli spartiti, li
raccoglie, saluta i compagni.
Finito. Esco, il portone di legno mi riporta sulla terra.
Devo googolare per capire a pieno. Le pareti in terra cruda, la volta
in mattoni, l’assito al soffitto e i fori, tutto è studiato per la perfezione
acustica. Un gioiello di architettura contemporanea incastonato a 224 metri di
altitudine in un paese di 102 anime, in Balagna. Un comune morente che investe
in cultura, trasformando la sua agonia in eccezione; oggi vengono da tutta
Europa per registrare in questa sala.
Architettura che diventa musica, ed è
bastato aprire una porta.
parole ed emozioni condensate in attimi...
RispondiEliminaBellissima, parole che evocano melodie
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