Ci sono giornate come questa in cui lo odio, il mare.
Quando l’inverno sta per finire.
L’inverno qui dura poco, un mese neanche, eppure pesa,
uh se pesa. In quel mese respiro la mestizia delle giornate inutili, la
solitudine del sopravvissuto, il rimpianto della velocità. Mi dà fastidio la
sensazione di stallo, il lungomare deserto, i locali chiusi per ferie, le
passeggiate meditative sulla spiaggia, persino i tramonti, tutti uguali.
Talmente tutti uguali che non ci vado neanche più a
vederlo il tramonto, tanto cosa ci vado a fare. Mai una volta che boh, arrivo
alla rotonda di Torre del Lago e il cielo è bigio, stagno, compatto, informe.
No, nessuna sorpresa, il tramonto qui è sempre
meraviglioso.
Così penso che
palle, un altro fottuto tramonto in riva al mare, perché l’inverno fa
sembrare che qui, a parte il tramonto sul mare, non è che ci sia poi molto
altro.
L’inverno fa venire voglia di scappare, non mi ci frega più un altro inverno qui,
penso, se non fossi in questo posto
dimenticato dall’attività professionale e dalle iniziative potrei fare cose e vedere gente, e mi
prende la melanconia urbana, la voglia della linea 3 e della frenesia alla
cassa del cinema.
Poi arriva una giornata come questa, anticipazione
del mutamento.
Allora ricordo che esistono altre stagioni, rispolvero
i vecchi paragoni, in città la primavera
non ha profumo, penso, e l’estate sa
di asfalto caldo e condizionatori a palla.
Tornano alla mente le pause pranzo di maggio sulla
riva al mare, l’odore del camuciolo che sale dalla sabbia calda di mezzogiorno,
le telefonate a spregio agli amici metropolitani passeggiando tra le dune, le
birrette all’uscita dell’ufficio bevute osservando i bagnini che pettinano la
spiaggia. Ringalluzzisco, dimenticando la mestizia delle giornate inutili e la
solitudine del sopravvissuto, riprendo a sorridere.
In giornate come questa odio il mare che trasforma la
mestizia in promessa di felicità e la solitudine in aspettativa del
domani. Il mare non lascia mai in pace, sembra messo lì apposta per portar
scompiglio.
Vivere qui, a Torre del Lago, mi fa sentire come Ulisse a Ogigia, prigioniero di un sogno.
Vivere qui, a Torre del Lago, mi fa sentire come Ulisse a Ogigia, prigioniero di un sogno.