martedì 24 luglio 2012

Randage

Il camper ha un nome: RANDAGE, in lettere bianche, montate sulla fiancata sopra la porta, e lui è seduto fuori, al tavolo.
Quando si volta dalla mia parte mostra occhi piccoli e ravvicinati e un naso pronunciato. Pete Townshend, decisamente.
Guardo oltre e metto a fuoco l’interno del caravan; una bella bruna in costume, collanine e treccine si sta mettendo lo smalto ai piedi.
Lui si alza e gira intorno al camper; va toccando gli asciugamani ormai caldi per sole a scoppio e polverosi per la terra battuta del parcheggio. Controlla che il telo per l’ombra sia ben fissato.
Da sotto il tavolo escono e io li conto: uno, due, tre, quattro, cinque cani di varia taglia, dal bassottoide al misto labrador, seguono in fila disordinata Pete Townshend.
5 cani in un camper.

Sai cos’è l’isola di Wight…

lunedì 16 luglio 2012

Biancaneve e il cacciatore

esiste un grande libro, la bibbia del pubblicitario, in cui ci siamo tutti, ma proprio tutti: che tu sia di destra o di sinistra, dell’arco costituzionale o extraparlamentare, consumatore consapevole o compulsivo, ci sei anche tu. Se pensi di essere originale e attento e sei sicuro che la pubblicità non ti può fregare, non ti illudere, nel grande libro del target c’è un paragrafo che parla di te
Claudio Bisio (cit. a spanne)

Premetto che il film a me è piaciuto, proprio perché anch’io faccio parte di un target ben definito dal quale non posso fuggire.
Comunque a me piace immaginare come nasce una sceneggiatura, e fare il gioco delle differenze se il film nasce da una storia nota e raccontata un sacco di volte. Di Biancaneve conosco parecchie versioni; da quella dei fratelli Grimm a quella di Walt Disney, passando per le fiabe sonore e dalle fiabe allegate al Corriere della Sera.
La fiaba di Biancaneve, come quella di  Cappuccetto Rosso, è tra le più semplici, e per questo costituisce un paradigma. Nella versione primigenia, quella raccolta e rielaborata dai fratelli Grimm, Biancaneve racconta la storia del bruco che diventa farfalla. La matrigna (l’autorità materna messa in discussione) caccia la figlia al compimento del suo settimo anno di età (inizio della seconda fase dell’infanzia). Lei fugge braccata dal cacciatore (la sessualità), incontra i nani (la socialità) vive un periodo sereno (la coda dell’infanzia e dell’età dei giochi) ma poi scatta la mela (l’ormone), cade nel sonno simile alla morte (la crescita e la confusione) e dopo altri sette anni (a quattordici, inizio dell’adolescenza) esce dalla sua bara di cristallo (l’infanzia, la famiglia) risvegliata dal principe. E vivono felici e contenti.

  1. In “Biancaneve e il cacciatore” non cambia il tema principale, ma il punto di vista, e lo scorrere del tempo diventa sovrano. La fiaba viene narrata in un’atmosfera molto vicina a quella dei fratelli Grimm, gotica, sporca e truce. Il racconto viene però smontato e rimesso insieme con nuova poetica, e ne esce almeno un personaggio con una forza straordinaria. Il mio plauso va alla matrigna, figura spietata e collerica,  la cui freddezza apparente si trasforma all’improvviso in rabbia feroce, nella quale mi riconosco, per via della mezza età e del fatto che le rughe intorno agli occhi fanno innervosire pure me. A lei la sceneggiatura regala persino una giustificazione, un flash back sulla sua infanzia, che spiega la nascita del suo rancore e il dono non chiesto del suo potenziale distruttivo. Anche la matrigna cattiva ha avuto una madre, cattiva, guarda il caso.
  2. Sappiatelo: Cucciolo muore. E non è tutto, c’è pure un ottavo nano, il nano papà, che si chiama Miur, come il nostro ministero dell’istruzione. Infatti è cieco, ma almeno lui è veggente.
  3. C’è un omaggio alla foresta oscura di Walt Disney, il mio pezzo preferito. Ho sempre pensato che la foresta da incubo di Biancaneve, il momento di crisi di Alice e il sogno di Dumbo ubriaco fossero dei viaggi lisergici, edulcorati perché rivolti a bambini, ma comunque dei bei trip. Qui la foresta oscura è un luogo incantato, pericoloso grazie ad alcuni simpatici funghi che sollecitati emettono le spore tossiche che regalano a Biancaneve un trip allucinogeno degno di un rave party. Naturale che a quel punto gli alberi si trasformino in serpenti e gli insetti si moltiplichino, aspirando delle spore così parleremmo con i tronchi pure noi.
  4. Ho apprezzato moltissimo un paio di citazioni del cartoon: il ballo di Biancaneve con Cucciolo ed “ehi oh andiamo a lavorar” cantata da uno dei nani immerso nei liquami (“se ora si mette a fischiare lo picchio” dice l’altro, per ribadire) oltre a una citazione del Gladiatore (“come un sol uomo” messa lì talmente a sorpresa che sono scoppiata a ridere).
  5. Altro grazioso giochetto della sceneggiatura è la questione del bacio. Il primo bacio ricevuto da Biancaneve è il bacio dell’inganno, e con quel bacio finisce nel sonno simile alla morte; il secondo bacio, di sangue blu, è un bacio inutile e nostalgico, e non ha forza sufficiente da salvarla. Solo il terzo bacio sarà quello buono, il bacio del reietto.
  6. Biancaneve svegliata dalla morte diventa guerriera, affronta la rivale e la sconfigge. Ma non vivono felici e contenti, lei e il principe, né lei e il cacciatore. Mica si sposa, siamo nel terzo millennio, perdinci: Biancaneve è una splendida single e viene incoronata regina.
  7. In camera di mia nonna stava un grande specchio, grande quasi quanto una parete, con una cornice di noce lucida e due scalini sulla base. Io salivo sul primo scalino e mi osservavo. Se mia nonna mi trovava lì davanti intenta guardarmi mi diceva: “levati di lì, che nello specchio c’è il diavolo che ti prende e ti rapisce”. Io ero piccina e a questa cosa del diavolo non credevo, però da lì mi ci levavo, visto mai. Ecco, nel film lo specchio è un grande piatto d’oro e il diavolo è una statua di metallo liquido che ricorda quello di Terminator II. E alla fine, quando la matrigna è sconfitta, Biancaneve si guarda riflessa in quello specchio. Attenzione, lo specchio è pericoloso per tutti.
  8. Ovvio che in tutto questo discorso sul film devo far finta di non vedere gli sguardi fieri, le mascelle serrate, il respiro affannoso e le labbra socchiuse che pullulano nella pellicola, perché so’ americani e ce li devono infilare un po’ dappertutto e il target non sono mica solo io, c’è tanta altra gente da conquistare per il botteghino. E a volere dirla tutta Biancaneve ha un po’ troppo la faccia da Twilight, ma vabbe', le passerà.